Tante volte mi capita di pensare che la causa di tanta rabbia, egoismo, affanno, nervosismo e di tutte quelle macchie di cui ci sporchiamo spesso sia stata un perdersi di vista. Una cosa piuttosto impercettibile, un atto senza gesti. Un perdersi tra le paure di non essere e non riuscire, tra i dubbi e gli impegni. Finisce che smetti di riflettere, o meglio, di rifletterti. Non ti guardi più, al massimo ti vedi ma non ti pensi. Non sempre le emozioni si manifestano chiaramente, a volte serve capirle, pensarci, capire perché qualcosa ci ferisca tanto o perché non riusciamo ad accettare quella parte di noi. Per farlo bene credo che l’unico modo sia guardarsi approfonditamente, quasi studiarsi. E invece succede che ci perdiamo di vista, non ci ricordiamo più che fine abbia fatto la bambina che aveva sempre mille mondi in testa. Ovviamente è cambiata, ma non credo sia scomparsa. Io credo che se investissimo del tempo a ricercarla ogni tanto, a rivederci in quella incantevole debolezza dell’infanzia e ad abbracciare quell’ingenuità senza punirla, saremmo meno critici di noi e degli altri. Per me l’infanzia ha anche questo di bellissimo, ci fa passare tutti per la debolezza, per la necessità degli altri.
Se ogni tanto, ricercassimo quel bambino che eravamo, che ora se ne sta nascosto, spaventato da quello che ha visto negli anni, e lo prendessimo in braccio, gli volessimo bene, secondo me sarebbe più facile volersi bene anche adesso. Da piccoli si era deboli certo ma anche senza macchie. Siamo tutti uomini persi, che sono stati tutti seduti sulle gambe dei nonni.
Bambini
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